Prendiamoci Cura - Sabato 17 maggio

“Volevo solo educarlo, non fargli del male, fargli capire che i morsi fanno male”. Questa la giustificazione addotta da una mamma dopo avere morso un bimbo di  due anni a mezzo. Che i bambini possano mettere a dura prova la pazienza degli adulti è un dato di fatto ma, cosa vi può essere di educativo in un morso? Gesto squisitamente spontaneo e istintivo, mero figlio della rabbia, ai nostri occhi acquista soltanto i contorni della vendetta, non certo della punizione.  Proviamo a  capire la giusta modalità con la quale l’adulto educante deve gestire la rabbia e i sentimenti negativi del bambino.

In ambito educativo  non vale il detto: rendere pan per focaccia.

Vorrei subito sottolineare che trattandosi di un bambino molto piccolo, non possiamo pretendere che questi capisca l’entità di un suo errore o di un atteggiamento sbagliato. Allo stesso tempo, mordere è un comportamento spontaneo che un adulto non dovrebbe mettere in atto, avendo a  disposizione altre modalità, decisamente più simboliche, per gestire il conflitto. Alla scuola d’infanzia, ad esempio, esiste quella che viene definita la seggiolina del pensiero, ovvero uno strumento che consente al bambino di sedersi, fermarsi, pensare e capire che un certo comportamento non va bene. Anche a casa possiamo inventare uno strumento che aiuti il bambino a calmarsi e riflettere. Un genitore che morde non insegna al piccolo che quell’atto non deve ripetersi ma, al contrario, lo acutizza.

 La molla che può far scattare in un adulto un comportamento di questo tipo

Quando un adulto si sente in difficoltà rispetto a un bambino possono scattare in lui delle reazioni dettate dall’esasperazione, dall’incapacità del momento di riuscire ad educare il piccolo.

I meccanismi possibili  da mettere in atto per non farsi sopraffare dall’istinto, dalla rabbia o dalla frustrazione

“Occorre essere e apparire solidi. Non dobbiamo farci spaventare dai bambini, dai loro attacchi di rabbia. Spesso l’errore è proprio quello di non accettare il fatto che anche i piccoli possano provare sentimenti negativi. Non dobbiamo mai inibire le emozioni dei bambini, al contrario dovremmo spiegare loro che possono esprimerle in un altro modo. Dall’agito al simbolico, insomma. I sentimenti non devono essere repressi, ma accettati compresi, tenuti e canalizzati ad esempio attraverso comportamenti più adeguati.  Ad esempio possiamo costruire la scatola della rabbia, il cuscino dei pugni… I bambini, di fronte al senso di impotenza e di inadeguatezza degli adulti, li mettono alla prova, ma non dimentichiamo mai che dietro l’atteggiamento rabbioso di un bimbo vi è una perdita di controllo che comporta in loro un grande dolore. Non limitiamoci ad osservare e a registrare soltanto l’aggressività, cerchiamo di cogliere anche lo stato di malessere che vi si cela”.

Tutti viviamo situazioni personali complesse che possono ripercuotersi sulla qualità del nostro agire. Le nostre difficoltà possono incidere in una relazione educativa

Molto dipende dalla personalità di ciascuno ma i bimbi riescono sempre a sollecitare l’emotività degli adulti. Se una persona vive un momento di difficoltà e non è consapevole del proprio precario equilibrio, il rischio di perdere le staffe diventa alto. I bambini avvertono immediatamente il disagio dell’adulto e ciò li fa sentire insicuri, incapaci di fidarsi, pieni di paura e, paradossalmente, provocano. Un lavoro di relazione con i bambini espone rispetto alle proprie difficoltà. Questa mamma, che non mi sentirei comunque di condannare, evidentemente pensava di riuscire a gestire le proprie emozioni più di quanto sia poi riuscita a fare.

Qual è la giusta punizione?

E’ indispensabile creare una relazione all’insegna della reciprocità umana ma mantenere al contempo la simmetria educativa. L’educatore non deve chiedere a un bambino le prestazioni di un adulto. Un pacca sul sedere, un morso… non sono

punizioni, bensì piccole vendette, frutto dell’esasperazione, che non hanno alcun valore educativo. La punizione ha una valenza positiva soltanto quando aiuta il bimbo a capire che ogni cosa ha una conseguenza. Non sei stato bravo? Allora non andiamo al parco… senza rabbia, con tranquillità, solidità. Reagire con violenza dà al bambino la consapevolezza di essere il più forte, di possedere la capacità di far perdere le staffe all’adulto.

In realtà ciò che è importante è aiutare il bambino ad esprimere le proprie emozioni attraverso comportamenti più adeguati, tutte le emozioni sono legittime, i comportamenti vanno educati.

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