Alcuni spunti di riflessione sulla la possibilità di pensarsi come coppia genitoriale dopo la separazione.
Ecco alcuni passaggi che le mamme ed i papà separati devono compiere per poter continuare a agire una genitorialità condivisa nei confronti dei loro figli.
La fiducia è stata scelta come parola chiave perché, con la separazione la fiducia subisce spesso un colpo duro e le persone passano attraverso una fortissima delusione, soffrono, si assiste spesso ad una reciproca attribuzione di colpe .
Rimangono, e, sono molto faticose da gestire, tendenze ambivalenti, cioè da un lato si dice : “Non mi fido più di te” ma dall’altro si sa bene che i figli hanno bisogno di sentire l’alleanza dei genitori sulle cose che li riguardano.
Come si fa ad avere fiducia in un uomo che si è rivelato un cattivo marito oppure in una donna che si giudica una cattiva moglie?
Occorre fare un percorso, anche lungo, in cui si attraversano della fasi (che possono durare mesi, oppure anni) con emozioni e sentimenti diversi che incidono sulle possibilità, per i genitori, di ripristinare e mantenere tra loro quelle condizioni di fiducia, che permettano loro di essere una “piccola squadra” che accompagna la crescita dei propri figli.
All’inizio si parla di crollo della fiducia
Le situazioni emotive che ostacolano un rapporto di fiducia provengono dalla storia della coppia . Stare in coppia, che è l’espressione più completa del rapporto fra due persone, è un’esigenza primaria e irrinunciabile per moltissimi esseri umani.
La separazione è un’esperienza di perdita , è un lutto anche se l’altra persona esiste ancora.
Si vive un senso di vuoto, di mancanza ,è una grande fatica fare senza di Lei / di Lui e
Spesso c’è anche tanta rabbia o senso di colpa, perché è molto complicato ricostruire la propria storia in modo tale da salvare tutti i protagonisti, più facilmente si individuano dei colpevoli : è colpa sua o mia, se avessi fatto …se avessi detto.. oppure c’è la condanna a volte drastica e inappellabile.
La generalizzazione e l’esasperazione producono giudizi. Così si arriva a definire l’altro come un mostro oppure una strega.
Questo è il momento in cui si cercano alleati , si organizzano crociate , si fanno coalizioni contro , perché si pensa che per avere una rivalsa sull’altro bisogna sconfiggere e quindi ferire o addirittura distruggere.
Questa strategia è perdente per tutti, è una trappola da evitare perché aumenta il dolore e la rabbia, porta frustrazione, prolunga lo stato di guerra e ostilità anche per anni.
Dalla fase di guerra battagliata si può passare alla fase di “evitamento”, cioè del minor contatto possibile. Dapprima non si riesce nemmeno ad avvicinarsi all’altro, poi, con molta cautela, si fa qualche passo ma senza rischiare di farsi male, perché non é facile stare accanto a colei che è vista come strega o a colui che è considerato come mostro. Più avanti ci possono essere “incontri più ravvicinati, ma con riserva…” .Qui si tollera la presenza dell’altro ma non lo si considera minimamente.( Ad esempio si va a vedere entrambi la partita del figlio, ma non ci si rivolge la parola….)
La quarta fase è quella del ‘pensarsi genitori insieme’ a decidere della festa di compleanno, della scuola, dello sport. E’ la fase in cui si parla insieme dei propri figli. Questa fase non é garantita , sono equilibri instabili, specie all’inizio, e serve tempo per ottenere e stabilizzare qualche risultato.
“E’ come se ci fosse da raggiungere un porto per trovare sicurezza in se stessi e ristabilire buone relazioni, ma il mare che si attraversa per raggiungerlo non è calmo e la propria imbarcazione è una navicella fragile.” Con la bussola ed una buona attenzione si può arrivare al porto Questo non significa che si debba dimenticare, piuttosto cercare di non tenere un conto aperto con l’altro, perchè renderebbe difficile la ricerca della felicità per sé e per i propri figli.