4 incontri per stare bene con se stessi e con gli altri

4 incontri per stare bene con se stessi e con gli altri

Relazioni in equilibrio

Attraverso un percorso di riflessione e di scambio cercheremo di apprendere strumenti utili a creare e mantenere buone relazioni, familiari, amicali e sociali.

Ho pochi amici… ho troppi amici: la  quantità o la qualità delle relazioni?

Mi fido di te… costruire la “giusta fiducia” nelle relazioni

Le relazioni obbligate… i legami che non possiamo scegliere ( genitori, parenti, colleghi, etc.)

La parte oscura delle relazioni: invidia, competizione, conflitto, come gestirli e/o evitarli

Calendario degli incontri:
Lunedì 14 ottobre ore 18- 19.45
Lunedì 28 ottobre ore 18-19-45
Lunedì 11 novembre ore 18-19.45
lunedì 25 novembre ore 18- 19.45

Sede degli incontri
HALLIN
Piazzale Carlo Alberto Dalla Chiesa 1 Parma

Perché partecipare?
Per fermarsi e riflettere su ciò che davvero desideriamo
Per avere maggior consapevolezza di sé
Per vivere con pienezza la nostra vitaPerché farlo insieme ci permette di non sentirci soli e ognuno di noi diventa risorsa e scoperta per l’altro

Destinatari:
tutti coloro interessati al tema

Il lavoro di gruppo sarà condotto da Alessandra Giovanelli, pedagogista, consulente e mediatrice familiare

Ogni incontro ha un costo di 30 euro a partecipante, per chi si iscrive all’intero percorso il costo complessivo è di 100 euro

Info e iscrizioni: 335.5237075 (anche whatsapp)

LO VOGLIO!!! Rapporto tra adolescenti e consumismo.

LO VOGLIO!!! Rapporto tra adolescenti e consumismo.

 

Il consumismo viene definito un nuovo vizio, sconosciuto alle generazioni precedenti
( U. Galimberti, I vizi capitali ed i nuovi vizi, Milano, Feltrinelli, 2003).

È un vizio perché crea in noi una mentalità a tal punto nichilista da farci pensare che solo assumendo ad ampio spettro il principio del consumo degli oggetti, possiamo garantirci identità, stato sociale, libertà e benessere.
Essendo che la produzione non tollera interruzioni, le merci devono essere consumate e quando per loro natura non si usurano ci pensa la pubblicità a farle diventare obsolete o socialmente non accettabili. Quindi da sostituire. Questo principio è fortemente sentito dagli adolescenti che hanno bisogno di essere sempre “ giusti”.
Gli effetti di questa cultura consumistica si misurano in maniera consistente nella costruzione ed il mantenimento dell’identità personale. Le persone, infatti, inserite in un contesto dove non esiste nulla di durevole, perdono i punti di riferimento per la loro identità, perdono la continuità della loro vita psichica. Questo vale anche per le relazioni interpersonali, che diventano anch’esse soggette alla legge dell’”usa e getta”.
Di fatto se l’adulto di oggi si caratterizza per instabilità ed insicurezza, la questione si amplifica a dismisura per gli adolescenti, che già vivono in modo fisiologico queste due variabili.
In altre parole un ragazzo che già di per sè è incerto sulla propria identità si trova immerso in un mondo adulto che, anziché fornirgli sicurezze, conferma ed aumenta la sua confusione.
Come abbiamo detto gli oggetti hanno un ruolo importante nella costruzione identitaria.
Hanno un grosso significato, perché a causa dei cambiamenti che un ragazzo vive c’è necessità di costruire e ricostruire nuove identificazioni e nuove rappresentazioni della realtà.
Ad esempio l’omologazione al gruppo dei pari passa spesso attraverso il possesso di oggetti, uguali tra loro, che testimoniano l’appartenenza del ragazzo proprio a quel gruppo.
Per questo un genitore deve valutare sempre attentamente le richieste che gli sottopone un figlio.
A fronte di una strategia in cui si dà una risposta immediata, sì oppure no, sarebbe più funzionale una modalità interlocutoria in cui il genitore, con il giudizio sospeso ed un approccio rispettoso, attraverso domande esplorative va alla ricerca del significato sostanziale di quella richiesta.
Questo consente una maggiore conoscenza del mondo interno del proprio figlio, di ciò che pensa, di che idea ha del mondo, di sé e dei propri amici, oltre che la possibilità di prendere poi una decisione più efficace sul piano educativo, perché maggiormente motivata.
Spesso comperare cose ai figli diventa, inconsapevolmente, un gesto riparativo rispetto al poco tempo che i genitori passano con loro. C’è un rischio in questo: impedire ai ragazzi di sperimentare il desiderio.
Se per un neonato è bene che il genitore anticipi i suoi bisogni, per un ragazzino occorre un tempo in cui non ha quell’oggetto o non è soddisfatta quella richiesta. Questo è il tempo del desiderio che dà valore alle cose e non ne permette un consumo vorace, immediato, che lascia insoddisfatti e nuovamente bisognosi. Il consumo infatti non implica passione, ma solo interesse momentaneo. Inoltre contempla la volubilità, quel che piace ora, tra un momento non aggrada più e c’è bisogno di consumare qualcosa d’altro.
Un altro aspetto importante riguarda la gestione delle risorse ed il senso del limite che i genitori hanno necessità di trasmettere ai propri figli.
L’idea che tutto si può avere è molto pericolosa, poiché illusoria. Anche per chi gode di possibilità molto elevate in termini di denaro deve esistere un limite, pena la condanna a consumare continuamente senza mai avere una piena soddisfazione delle cose.
In termini concreti, la paghetta rappresenta un modo possibile per aiutare i ragazzi ad essere responsabili, imparare a fare delle scelte e a gestire le proprie risorse, tenendo a bada i bisogni impulsivi.
In termini quantitativi questa somma va concordata, attraverso un esame di realtà effettuato da genitori e figli. Occorre poi lasciare la libertà di gestione di quel denaro con i soli limiti dati da acquistare oggetti o spendere quei soldi per cose che possano nuocere a livello fisico o psichico ai ragazzi.
Questa libertà limitata consente ai figli di fare un’esperienza di crescita verso un’autonomia adulta e responsabile.
Il rischio infatti del consumismo non è una deviazione della personalità, ma addirittura del dissolvimento della personalità stessa, che rischia di rimanere in balia dei bisogni immediati e fugaci.
Uno stile sobrio e moderato rappresenta un ottimo antidoto contro questo grave rischio.

 

Meglio essere figli unici o avere fratelli?

Meglio essere figli unici o avere fratelli?

 

Figlio unico o con fratello/sorella? Chi sta meglio?

Nel nostro paese aumentano i figli unici e l’emergenza di tale dato costituisce motivo di riflessione sull’importanza o meno, per un individuo, di avere più o meno dei fratelli, con cui condividere il percorso di crescita.

Dal punto di vista psico-pedagogico il figlio unico ha avuto per molto tempo una cattiva reputazione. Probabilmente per ragione socio-culturali , in quanto fino agli anni ’50, nelle famiglie contadine, era normale mettere al mondo più figli. In quel contesto il figlio unico era considerata un’eccezione, quasi una anomalia. Di fatto non ci sono dati scientifici sufficienti per affermare che avere fratelli è meglio che non averne, così come non si può sostenere che essere figli unici è la condizione migliore possibile per un bambino. Molti genitori decidono di avere un bimbo solo, per un insieme di fattori, tra i quali l’innalzamento dell’età del primo concepimento che, se da una parte fornisce maggiore consapevolezza, dall’altra porta con sé la paura del futuro e il timore di non essere all’altezza del compito. Inoltre la doppia carriera dei genitori, oggi abbastanza diffusa, o per contro le difficoltà economiche della coppia, rendono maggiormente problematica la gestione di più figli.


Ma quali sono i vantaggi di avere dei fratelli?
Essere fratelli significa condividere un patrimonio genetico comune. Significa anche aiutarsi reciprocamente a crescere nello stesso ambiente culturale e formativo. La “ dimensione verticale” definisce il rapporto tra genitori e figli. Tra loro si instaurano differenze generazionali e di ruolo. Gli adulti assumono un ruolo di guida, ed i bambini devono semplicemente ubbidire. La relazione che, invece si pone in essere tra fratelli, appartiene alla cosiddetta “dimensione orizzontale” dei rapporti familiari, all’interno della quale è possibile confrontarsi e competere. La presenza di fratelli o sorelle impone di imparare molto presto a prendere in considerazione il punto di vista altrui, a condividere oggetti e persone, aiutare gli altri quando sono in difficoltà, a giocare e vivere insieme. Questo concorre al processo di affrancamento dall’egocentrismo infantile. La competizione tra fratelli, poi, aiuta i bambini ad accettare le diversità e a gestire i contrasti. Inoltre tra i fratelli si crea una coalizione, una alleanza nei confronti dei genitori che consente loro di confrontarsi meglio con gli adulti. In tal modo la famiglia diventa un luogo di allenamento dove sperimentare e affinare le modalità di relazione con gli altri. Dal punto di vista della genitorialità però ogni figlio è unico, proprio perché comunque ogni bambino è unico ed irripetibile.

Alcuni studi ( cfr. Wasserman G.) affermano che un figlio unico è esattamente come ogni altro bambino. Anzi i figli unici sembrano maggiormente motivati ad andare bene a scuola, hanno una buona educazione e sono fortemente motivati al raggiungimento del successo. Non è sempre vero che con un solo bambino si tende ad essere maggiormente permissivi, a viziarlo di più. Paradossalmente può avvenire il contrario: un solo bambino consente di avere maggiori energie per spiegare e motivare i limiti e i divieti posti dai genitori. Un figlio solo è spesso cercato e desiderato, si investe perciò maggiormente su di lui. In questa situazione i genitori tendono a dare il meglio di sé e quindi a viziare meno.

In effetti un solo figlio permette di concentrarsi molto di più sulla sua crescita, sulla conoscenza della sua personalità e si ha più tempo per stare con lui. Ci sono anche maggiori occasioni di riflessione sul proprio ruolo genitoriale e sul proprio agire educativo. Quello che un genitore di un figlio unico deve tenere in mente è che, proprio per la dimensione verticale della relazione , lui non potrà mai essere fratello o sorella o amico del proprio figlio. Non è possibile, non è utile, anzi è dannoso. Lo sforzo richiesto ai genitori è quello di costruire occasioni di socializzazione per il proprio bambino: con coetanei, con cugini, in modo che possa sviluppare un rapporto amicale con altri bambini. Altro compito dei genitori è quello di non caricare il proprio bambino di eccessive aspettative o iper proteggerlo. Un figlio, prima ancora di essere tale, è una persona separata ed individuata. Quindi deve imparare a camminare da solo e a sviluppare la propria personalità. Occorre renderlo capace, responsabile ed autonomo. Questi ultimi concetti, in realtà, sono validi per i figli in generale, non solo per i figli unici, questi ultimi sono semplicemente maggiormente esposti alle influenze genitoriali, proprio perché da soli, senza alleati. Non esiste una situazione in assoluto migliore di un’altra.

Esiste la consapevolezza di compiti genitoriali adeguati ed in parte diversi a seconda che ci sia solo un figlio o più figli all’interno della famiglia. Ogni coppia dovrebbe decidere in piena libertà quanti figli vuole e creare il tipo di famiglia che maggiormente sente come propria, cercando di non farsi influenzare dai luoghi comuni o dalla mentalità corrente del momento storico attuale.

4 incontri per riflettere e confrontarsi sul tema della felicità

4 incontri per riflettere e confrontarsi sul tema della felicità

CHIEDIMI SE SONO FELICE…
Un percorso breve di consulenza in gruppo per stare bene con sé stessi e gli altri

  • Esiste davvero la felicità?

  • Tutto parte da noi: la nostra autostima

  • Come gestire l’ansia da prestazione

  • Cosa significa volersi
  • Come costruire buone relazioni amicali e  sentimentali

Calendario degli incontri:
giovedì 15 febbraio ore 18.00-19.45
giovedì 29 febbraio ore 18.00-19.45
giovedì 07 marzo ore 18.00-19.45
giovedì 21 marzo ore 18.00-19-45

Perché partecipare?

  • Per scoprire e ascoltare i nostri bisogni
  • Per vivere con pienezza la nostra vita
  • Perché farlo insieme ci consente di raggiungere prima i nostri obiettivi e non sentirci soli

Destinatari:
tutti coloro interessati al tema

Il lavoro di gruppo sarà condotto da Alessandra Giovanelli, pedagogista, consulente e mediatrice familiare

Il gruppo sarà a numero chiuso con la presenza max di 15 persone.

Ogni incontro ha un costo di 30 euro a partecipante, per chi si iscrive all’intero percorso il costo complessivo è di 100 euro

Info e iscrizioni: 335.5237075 (anche whatsapp)

Mi aiuti a fare i compiti? Parliamone insieme!

Mi aiuti a fare i compiti? Parliamone insieme!

 

Giovedì 22 febbraio dalle ore 18 alle ore 19,15 presso HALL IN, Piazzale C.A. Dalla Chiesa, Parma

Come e quanto i genitori possono aiutare i figli nel loro percorso scolastico

Spesso il momento dei compiti è fonte di conflitto tra genitori e figli, a volte i bambini non vogliono proprio farli, spesso i genitori sono stanchi di dovere ripetere sempre le stesse cose con scarso successo. Il dilemma è : lo mando a scuola senza compiti o costi quel che costi glieli faccio fare?

Vi proponiamo un incontro di riflessione e scambio su questo tema.

Proveremo a creare insieme un piccolo manuale per sopravvivere ai compiti e vivere più serenamente questi momenti. L’incontro è libero, gratuito, aperto ai genitori e a tutti coloro interessati all’argomento.

L’incontro è libero, gratuito, aperto ai genitori e a tutti coloro interessati all’argomento.

A cura di Alessandra Giovanelli, pedagogista, consulente e mediatrice familiare esperta in tematiche familiari e relazioni educative